DA “PANNI SPORCHI” A “PANNI PULITI”: UNA NUOVA “MODA” È POSSIBILE

COEX Team 5 minuti

Una recente puntata di Presadiretta su Rai 3 ha fatto il punto sugli impatti dell’industria tessile sull’ambiente e sulla salute. La tecnologia COEX nasce per un tessile vegetale 100% ignifugo e sostenibile, coniugando sicurezza, benessere e sostenibilità.

Parlare di moda sostenibile vuol dire puntare al rispetto dell’ambiente in ogni passaggio della filiera: l’impatto dell’industria dell’abbigliamento sull’ecosistema non si riduce infatti all’ultimo step del ciclo di vita degli abiti, o al processo di riciclo o smaltimento, ma coinvolge tutta la filiera del tessile. La recente puntata dal titolo “Panni Sporchi” del programma di Riccardo Iacona, Presadiretta, è tornata a evidenziare che dopo l'industria petrolifera quella della moda è la più inquinante al mondo “con 98 milioni di tonnellate annue di risorse non rinnovabili utilizzate, 93 miliardi di metri cubi di acqua, 1,2 miliardi di tonnellate di CO2 emessa e 500mila tonnellate di fibre di microplastica riversate negli oceani”. Da tempo anche il tessile made of COEX, l’unico ad oggi in grado di rendere le fibre vegetali 100% ignifughe, è impegnato in tema di sensibilizzazione per uno stile di vita oltre che 100% sicuro e sano anche plastic free.

A questo si aggiunge il dato sulla produzione mondiale tessile che negli ultimi anni è raddoppiata, passando dai 50 miliardi di pezzi del 2004 agli oltre 100 miliardi nel 2019. Contemporaneamente la vita media di un indumento nella catena del fast fashion è diminuita del 36%: in parole povere compriamo più abiti che durano di meno e si riciclano pochissimo. Questo perché le fibre tessili possono essere riciclate solo se lavorate secondo un processo realmente sostenibile, mentre, secondo i dati della Ellen MacArthur Foundation che monitora costantemente lo stato del sistema tessile in Italia e nel resto del mondo, la realtà dei fatti è che solo l’1% dei vestiti viene correttamente riciclato. 

Un altro dato estremamemte preoccupante è che nella fase di produzione, l’industria della moda utilizza più di 2000 sostanze chimiche, alcune delle quali tossiche come ftalati, formaldeide, metalli pesanti, solventi, coloranti artificiali. Greenpeace in una indagine recente ha testato 40 prodotti di abbigliamento e attrezzature outdoor (giacche, scarpe, tende, zaini, sacchi a pelo e persino corde), acquistati in 19 Paesi, trovando tracce di Pfc nel 90% degli articoli. Si tratta di sostanze usate per impermeabilizzare che si degradano con molta difficoltà, rimangono nell'ambiente per centinaia di anni e sono dannose per la salute. Inoltre, fitofarmaci rinvenuti in indumenti prodotti in India per  negozi italiani, hanno dimostrato un alto grado di resistenza ai lavaggi, con la conseguenza di non scomparire con il tempo e causare seri problemi dermatologici.  
Non è un caso che il sistema europeo di allerta rapido per i prodotti non alimentari (Rapex), metta al primo posto della classifica per sostanze chimiche a rischio proprio vestiti e capi di moda. Alla formaldeide, in particolare, tradizionalmente usata per esempio nei trattamenti antifiamma “wash resistant”, abbiamo già dedicato un approfondimento nel nostro blog COEX.
Quella della sicurezza 100% ignifuga dei capi è, del resto, la necessità per la quale è nata la tecnologia COEX, ancora oggi l’unica al mondo a garantire una protezione al 100% contro il fuoco per fibre e materiali di origine vegetale, coniugando sicurezza e benessere senza l’utilizzo né il rilascio di formaldeide o altre sostanze tossiche dannose per l’uomo e per l’ambiente.
La scommessa COEX è infatti duplice: garantire la sicurezza 100% fireproof e la salute, il benessere e la sostenibilità del 100% vegetale, e in questo ad oggi è una innovazione rivoluzionaria e ineguagliata.

Per la regolamentazione dell’utilizzo di sostanze chimiche, l’Unione Europea si è impegnata da tempo in particolare attraverso il Regolamento REACH con cui controlla il rischio associato all’uso di sostanze chimiche attraverso restrizioni, che impongono obblighi relativi al contenuto di sostanze chimiche pericolose sia per i prodotti fabbricati nell’UE sia per i prodotti importati e le relative autorizzazioni. 
Accanto alle misure adottate dall’Unione Europea, la campagna Detox promossa da Greenpeace si è dimostrata un valido strumento per contrastare e sensibilizzare sull’inquinamento tessile: promossa a livello internazionale la campagna punta a eliminare le sostanze pericolose da tutta la filiera produttiva, non solo dai tessuti, e a rendere le aziende responsabili dell’intero processo di creazione degli indumenti. Negli ultimi tempi, anche grazie alla campagna di Greenpeace, è in corso un’importante inversione di rotta da parte dei grandi marchi di moda. Ormai, molte delle imprese tessili italiane si sono dotate di un codice di autoregolamentazione e questo, insieme al rispetto delle leggi vigenti, garantisce una maggior tutela e consapevolezza del consumatore rispetto agli indumenti che acquista. Con il risultato che, secondo gli ultimi dati di Greenpeace, oggi circa il 15% di quello che viene prodotto a livello globale dalle industrie della moda ha già eliminato o sta eliminando sostanze chimiche pericolose. 

Come evidenziato sempre nella puntata di Presadiretta, un esempio virtuoso in Italia è costituito da una trentina di imprese tra produttori di filati, aziende di tintoria e produttori di chemicals per l’industria tessile del distretto di Prato, il più grande in Europa, che nel 2016, insieme con Confindustria Toscana Nord, hanno aderito alla Detox Commitment, dando vita al Consorzio Italiano Detox che riconosce l’importanza dell’eliminazione delle sostanze pericolose dal ciclo produttivo tessile e segue i principi di trasparenza, prevenzione e precauzione.
Tra le conseguenze positive, non solo la diminuzione dei valori pericolosi delle acque del distretto ma la creazione di un vero e proprio circolo virtuoso all’interno del quale anche le aziende che non hanno aderito al patto per restare sul mercato si sono adeguate ai principi del regime detox, contribuendo, volenti o nolenti, alla sostenibilità dell’industria in tutto il territorio.

Se pure si tratta di temi molto complessi, che necessitano di scelte di campo importanti, certamente siamo in un momento storico in cui è in atto una vera e propria rivoluzione del tessile anche in Italia. In questo scenario, i tessuti made of COEX sono gli unici tessuti ignifughi ad aver ottenuto il riconoscimento della GOTS (Global Organic Textile Standard), la più importante certificazione per prodotti tessili realizzati con fibre naturali da agricoltura biologica. A questo si è aggiunta la certificazione ISO/IEC 17025:2005 di Beta Analytic che ha attestato che il cotone made of COEX ha una composizione naturale superiore al 99,9%, contrariamente a quanto concerne qualsiasi altra fibra ritardante fiamma. E così tutte le altre certificazioni ottenute attestano il rigore di una tecnologia innovativa che punta alla sicurezza come una necessità, alla naturalità come un valore importante e alla sostenibilità ambientale, oltre che alla “circolarità” della produzione, come una scelta oggi irrinunciabile.

Oggi COEX, oltre che una tecnologia è diventata una vera e propria società, creata da due aziende tessili italiane di lunga tradizione – Torcitura Padana e Zanolo - che hanno dimostrato che lavorando in sinergia nel segno della più evoluta innovazione, oggi il tessile e una moda sostenibile, naturale e biodegradabile non solo sono possibili ma sono già una realtà.

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